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lunedì 9 luglio 2012

Gezim Hajdari il poeta italo-albanese denuncia la mafia letteraria


fonte http://www.lietocolle.info/it/gezim_hajdari.html


Che dire del dibattito sulla Poesia, condivido in pieno ciò che dice e ha scritto il nostro Luigi Manzi. Chi meglio di Luigi conosce la Poesia dei Mondi! Dico dei Mondi e non del paesino e dei clan. Se vuoi la verità sulla Poesia contemporanea italiana, devi scrivere un libro-intervista con lui. È da una vita che Luigi lotta in nome della legalità, della trasparenza, dell'onestà intellettuale e del Buon Verbo. Sono convinto che un tale libro passerà alla Storia della Letteratura Italiana e non solo. Anzi, penso che sia il momento giusto e storico, altrimenti, caro Giorgio, è inutile perdere altro tempo su questo tema.

I miei rapporti con la cultura ufficiale italiana assomigliano a quelli albanesi. Vengo visto come una pecora nera fra i letterati di corte del bel Paese. Il motivo? Sono tra quelli che hanno denunciato pubblicamente e senza mezzi termini la mafia letteraria. Basta pensare alla vecchia gestione del Centro Internazionale E. Montale, la quale aveva costituito una lettera circolare che promuoveva le iscrizioni all'Associazione, in cui si diceva esplicitamente che i "soci", in regola con la quota associativa (lire trecentomila negli anni più recenti), che intendevano partecipare al premio, avrebbero potuto inviare i testi concorrenti in ogni momento, "specificando chiaramente sulla busta o sul pacchetto raccomandato: Riservato al Premio. In questo modo la Giuria potrà vagliare con maggiore attenzione le opere concorrenti"!!! Questo potrebbe portare rischi enormi al terreno poetico che è un terreno fragile, innocente e sacro, quindi deve essere  sgombrato da ogni forma di apporto economico legato alla scrittura, perché i giovani autori potrebbero cadere nelle eventuali, facili lusinghe di chi ne sollecita le aspirazioni a pagamento. È così che si sono formate le gerarchie letterarie italiane, il sistema del sottobosco della cultura italiana di oggi. Tutto questo è conseguenza di una grave crisi politica ed etica che sta attraversando il suddetto paese e l'intero Occidente. Ovviamente, la cultura di un popolo non è altro che un riflesso della sua epoca. Ma la colpa principale penso che sia degli editori, meglio dell'industria culturale italiana che costruisce, come le bambole, raccolte e romanzetti nei laboratori.
Vi sono due tipi di poesia italiana: quella ufficiale e quella irregolare che viene scritta al di fuori delle gerarchie ufficiali. La prima, in generale, è una poesia minimalista, funerea, balbuziente, depressa, scritta dai malati patologici. La chiamerei una poesia eunuca e i suoi poeti santi e castrati. La poesia ufficiale italiana, dopo la scomparsa dei grandi, vive il suo momento più tragico; si trascina in un'agonia continua. Non dobbiamo dimenticare che l'Italia nasce come il paese della poesia, il romanzo nasce in Oriente e viene dai paesi del Le Mille e una notte. Si può dire che questo Paese è vissuto da sempre spiritualmente ed economicamente, grazie alla poesia nelle sue varie forme. Ma purtroppo questa tradizione straordinaria è andata persa. Che ne sapevano Dante o Petrarca che la loro Italia sarebbe diventata il paese del romanzetto della domenica e dei poeti timorosi di Dio! I nipoti di Dante oggi scrivono i testi per la Via
 Crucis, dedicano poemi immacolati alla Madre Maria, scambiano l'utero per la vagina e fanno a gara per dichiararsi pubblicamente credenti cattolici fino al midollo. Vanno alla messa due volta al giorno. D'altronde tutto il paese è sotto la protezione della parola divina del Signore. Attori,  onorevoli, senatori, presentatori, giornalisti, ministri si vantano di essere devoti ai santi e alle Madonne. I presidenti giurano in nome della Bibbia. Sono uomini di carriera e nessuno vuole rischiare. La colpa? la mancanza di una vera politica culturale laica da parte delle istituzioni, ma anche della grande industria culturale che manipola il consenso dei lettori. L'editoria italiana, appoggiata dai mezzi dei mas media, è diventata una fabbrica orrenda che sforna romanzetti come ciambelle. All'interno di questa fabbrica diabolica e perversa lavorano impiegati (che si spacciano per poeti e scrittori, un tempo nelle loro poltrone si sedevano Pavese,  Calvino e Caproni) ventiquattro ore su ventiquattro, che fanno editing, costruendo a tavolino capitoli e componimenti poetici secondo i gusti e le mode del giorno. Gli autori sono contenti e felici, basta che le loro operette vengano pubblicate con i grandi editori. Puoi essere il poeta più straordinario, ma se non hai pubblicato il romanzetto della domenica, in Italia non sei nulla. Puoi lavorare da una vita, creando dei grandi valori letterari per l'umanità, ma con un romanzetto puoi occupare tutte le pagine dei grandi quotidiani, che ti spianano la strada verso Marzullo, Vespa, Costanzo show, poi viene la valanga dei premi, traduzioni all'estero, soldi, tanti soldi. In fine il ricevimento al Quirinale. Ma non finisce qui, dopo il romanzetto si passa alla fiction, perché alla Rai attendono le veline... Infine si contano milioni di euro di guadagno. E' tutto un giro e tutto un affare. Insomma, lo scrittore diventa una merce del grande marketing per riempire le casse della fabbrica che non smette mai, purtroppo, di divorare impietosamente boschi enormi di alberi. Ma nessuno denuncia questo squallore, perché i giudici, gli avvocati, i presidenti dei tribunali, i giornalisti, i funzionari dello stato, i docenti universitari, i presidenti dei consigli comunali, anche i loro segretari, i sindaci, i ministri, i medici, si sono improvvisati poeti e scrittori, uomini di potere, quindi scambiano tra di loro favori, pubblicazioni e premi. Ma nessuno ha il coraggio di alzare la voce contro questo sistema perverso. C'è una corruzione spaventosa nel campo del sottobosco della cultura italiana, una mafia letteraria potente. Se non sei uno di loro, ti chiamano infedele, altro che integralisti islamici.
La bella poesia italiana abita al di fuori delle gerarchie ufficiali, perché i veri poeti sono dei profeti e vanno oltre la poesia e non accettano ricatti squallidi.
Dov'è l'onestà intellettuale? Quel che Montale chiamava "decenza quotidiana". La vera poesia italiana, deve prendere le distanze da queste gerarchie basate sulla corruzione e sulla disonestà intellettuale di fronte alla pagina bianca. Essa si può salvare soltanto scoprendo e rivalutando la poesia "ribelle" al sistema - che in Italia non manca - ed aprendosi ai nuovi mondi, in nome della vera legalità e della vera trasparenza, ripristinando un nuovo legame fra testo e onestà intellettuale, fra parola e verità, fra Poesia e Vita. Ci vuole sangue nuovo nella poesia. E la linfa nuova la porteranno i mondi più offesi del globo, ai quali spetta l'avvenire della poesia. Ma per fare questo c'è bisogno di aprire dei dibattiti sulla poesia, sui premi letterari, sullo sperpero del denaro pubblico, sul ruolo della stampa e dei mezzi di comunicazione, sul ruolo della critica e dell'etica culturale. Ogni opera letteraria, prima di tutto, è
 un atto morale. La poesia e la buona letteratura aiuta a sopravvivere in questo tempo di oggi, funesto e agonizzante. L'ermeneutica di Heidegger e Gadamer di Derrida e Steiner, ci ha insegnato a leggere l'opera d'arte come l'annuncio di un mondo in cui dobbiamo imparare ad  abitare, invece che come un oggetto che possiamo mettere accanto ad altri in una collezione. La poesia è anche impegno, ma non solo sul verso, sul linguaggio, come predicano alcuni "grandi" letterati del Bel Paese, ma nella Vita.
Un caro saluto.
Gezim

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