Lo scrittore Pero Zlatar racconta i suoi viaggi nell'Albania comunista di Enver Hoxha.
Negli ultimi 25 anni si è distinta come uno dei Paesi balcanici che con più convinzione hanno aderito al sistema capitalista, ma è divenuta altrettanto famosa per un meno nobile "rovescio della medaglia", ovvero il proliferare dei traffici illeciti che l'hanno collocata al centro della rotta per il passaggio di droga, armi e prostituzione. In pochi oggi si ricordano di com'era l'Albania prima del giorno in cui crollò il comunismo e con esso la cortina di isolamento in cui il Paese viveva dal dopoguerra.
Lo scrittore Pero Zlatar, nato in Macedonia ma cresciuto a Zagabria, è divenuto negli anni una delle penne più importanti del giornalismo jugoslavo, e di quei tempi ricorda oggi le impressioni che lasciava l'Albania di Enver Hoxha al viaggiatore che proveniva dalla Federazione di Tito, situata poco più a Nord.
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La dittatura di Hoxha è passata alla storia come una delle più dure e restrittive del blocco comunista, ma è difficile immaginare in quanti campi si estendesse tanta disciplina e severità. Ad esempio, non era solo vietata la professione di una fede religiosa, ricorda Zlatar. "I divieti - dice - si estendevano all'eredità della 'classe aristocratica' nello sport, e dunque erano dichiarati fuori legge la boxe, il tennis, il rugby e il motociclismo. (.)
A quei tempi era impensabile vedere donne con abiti scollati, ragazze in minigonna e giovanotti con barba e capelli lunghi". A questo proposito divenne un vero e proprio caso nazionale l'arrivo della squadra di basket da Zagabria nel 1970, perché fra i giocatori di quella città "troppo occidentalizzata" ve ne erano ben quattro con i capelli lunghi fino alle spalle. La polizia organizzò dei cordoni per non far entrare i giocatori croati nello stadio.
Solo dopo una lunga e animata discussione, e soprattutto una minaccia di denuncia per violazione dei diritti umani, "i capelloni croati furono fatti entrare nel tempio sportivo "dell'unico Stato marxista-leninista' rimasto al mondo". (.)
L'Albania era per molte cose del genere uno Stato davvero unico. A cominciare dal fatto che era inimmaginabile vedere in pubblico un ragazzo e una ragazza baciarsi.
Chi avesse commesso un atto così 'deprecabile' sarebbe stato subito arrestato e mandato in prigione". Anche sul fronte dei programmi televisivi la mano della dittatura non andava certo più leggera.
"Nelle trasmissioni radio e tv, nei festival all'aperto non si ballava secondo la moda del rock o del twist, visti come un atteggiamento scimmiesco importato dall'Occidente drogato". Gli albanesi dovevano continuare ad avere classe ed eleganza.
I giovani albanesi, come amava ripetere Hoxha, dovevano invece conservare "cuori, corpi e anime puliti" e dunque le massime espressioni di sentimento potevano essere rintracciate nei film dove i protagonisti erano "la guardia che protegge i confini, che getta lo sguardo sulla compagna che lavora nei campi e lei lo ricambia con un sorriso".
I titoli delle maggiori 'hit' cinematografiche erano 'Il nostro trattore', che parlava del primo trattore prodotto interamente in Albania; 'Cresciuta nell'agricoltura' (Una madre desidera che la figlia resti a lavorare nella cooperativa) oppure 'Con il partito nel cuore' , dove un poeta loda le gesta del compagno Enver". Ma non era solo il "pubblico pudore" a farla da padrone nella società comunista albanese.
Tirana ad esempio era l'unico Stato in Europa che sigillava completamente le proprie frontiere di notte. "Quei rari stranieri e ancora più rari albanesi che attraversavano i confini potevano entrare o uscire solo con la luce del giorno, dalle sei del mattino al tramonto". In Albania prima della caduta del comunismo si pagava solo in contanti, e i prestiti bancari erano visti come un "anatema occidentale", un modo per raggirare i lavoratori e i contadini.
I bancomat e carte di credito non erano quindi ammessi neppure negli hotel più lussuosi dove abitualmente risiedevano gli stranieri che dovevano compiere visite di lavoro.
"Gli albanesi non potevano neppure possedere una propria automobile - ricorda ancora Zlatar - e l'unico mezzo di trasporto che un cittadino potesse acquistare era una bicicletta.
Solo i più alti funzionari dello Stato e del partito potevano viaggiare indisturbati su macchine lussuose". Neppure tali funzionari e neppure i ministri del governo potevano però sottrarsi a quello che era forse il più stringente obbligo per tutti, bambini, donne ed anziani.
"Tutti erano obbligati a trascorrere un mese all'anno lavorando in una cooperativa di qualche villaggio di campagna". Zlatar, allora giovane reporter jugoslavo, ricorda anche di come i media albanesi fossero "gli unici in tutto il mondo a non dare mai notizie di cronaca nera, di furti e rapine, omicidi o violenze sessuali".
Il "mondo perfetto" dipinto dai giornali albanesi si proteggeva dagli attacchi esterni con la continua costruzione di bunker e rifugi in cemento armato. "L'Albania - dice ancora Zlatar - faceva costruire questi bunker in tutti gli angoli e le pieghe dei confini, contro gli attacchi dell'aggressore straniero".
In Albania, infine, "unico Paese al mondo", non esisteva la Facoltà di Legge all'Università e non esisteva neppure la parola "avvocato". Se qualcuno veniva accusato di qualche reato doveva difendersi da solo di fronte all'infallibile quanto implacabile tribunale del Popolo.
(Fonte: Newsweek Serbia)
foto aggiunta da noi
Classe quarta B, scuola elementare a Tirana , Albania. Anno scolastico 1984 – 1985. fonte foto da qui |
un grande uomo che si è trovato nel posto giusto al momento giusto.
RispondiEliminaIl primo vero comunista della storia
Tutti gli altri presidenti comunisti del mondo erano bla bla.
ha scolarizzato tutta l'Albania.
100 % dei giovani albanesi finiva la terza media.
80 % la scuola superiore.
il 50 % era laureato.
Il tuo vicino in quel periodo era fratello , amico.
Oggi sono diventati tutti schiavi del denaro.